Pensando alla politica, oggi mi è tornato alla mente un episodio che mi vede protagonista – se così si può definire un semplice “far numero” -. Perché non raccontarlo? Mi sono detta. Giusto per sorridere sulla poca consistenza di alcuni movimenti.
La vicenda prende vita dalla semplice richiesta, da parte di un membro di un partito del luogo, di prendere parte ad una riunione come nuovo volto e – in caso mi fossi trovata interessata – di aderirne come personaggio attivo. Ovviamente consapevole delle mie lacune in materia, mi sono presentata esclusivamente mossa da curiosità ed educazione, con la risposta finale già stampata nella mente: no! Essendo io apolitica – ritenendo ogni comizio una dimostrazione di presunzione verbale, che difficilmente si concretizza – trovavo l’intera situazione parecchio ironica e paradossale: mai mi sarei aspettata un invito alla vita politica.
Una volta raggiunto il luogo dell’incontro, però, tutto mi è parso sorprendentemente naturale: un gruppo di conoscenti seduti attorno ad un tavolo, ognuno con il proprio bicchiere – chi di vino, chi di spritz – a portata di mano. Qualche convenevole, per far mettere a proprio agio le giovani reclute – si, io ero una di queste -: due chiacchiere, quattro risate, una manciata di battute. Ed ecco che parte il primo atto de la grande assemblea … Che, guarda caso, è lo stesso momento in cui le mie braccia hanno cominciato a cadere (e non solo loro, se per questo). Quel gruppo di simpatici conoscenti – tutti adulti – ha presto preso le sembianze di una marmaglia di ragazzini riuniti per sparlare di un nemico comune, giusto per sentirsi un po’ più forti. Tra quelli che insultavano o denigravano il lavoro dell’avversario e quelli che giustificavano i loro insuccessi politici utilizzando errori o atteggiamenti dello stesso, non ho potuto fare altro che guardarmi intorno – guardare quelle persone letteralmente una ad una – e sorridere dell’inconsistenza di quei dialoghi. Tutti presi a darsi man forte, rendevano ancora più evidente la loro incapacità di essere adulti responsabili.
Una domanda mi si è formata allora nella mente: in una riunione del partito, non si dovrebbe parlare di migliorie – successi – insuccessi dello stesso? Perché spendere tempo spettegolando su persone non presenti? Purtroppo, passato lo sgomento iniziale, ho riguardato quelle persone – sempre una ad una – e mi sono accorta che la scena davanti ai miei occhi, non era poi tanto strana. Questa è la politica di oggi: affossare più avversari possibili – nel giusto oppure no, poco importa – per arrancare fino ad una vana meta, da cui altri proveranno a strapparti. Niente di nuovo. E’ impensabile, per un politico, sedersi ad un tavolo e parlare veramente dei proprio errori. Ed è per questa motivazione che, agli errori, non si trovano le giuste soluzioni. Davanti ad un teatrino talmente ridicolo – a parte ridere fra me e me – non sono riuscita ad evitare di farmi coinvolgere, iniziando a ragionare su il peso effettivo che avrebbe avuto la mia voce se avessi aderito al partito. Forse avrei potuto frenare queste chiacchiere inutili e riportare l’attenzione sui punti importanti; magari sarei riuscita ad ottenere veramente dei miglioramenti nella vita dei cittadini; impegnandomi avrei cambiato le cose. Mentre mi struggevo analizzando questi pensieri, uno dei quattro amici al bar mi fissa sorridendo, pronto a lanciarmi addosso una domanda. Chiunque nel tavolo taceva, lo sguardo puntato su di me.
«Tu cosa ne pensi della politica?» Ancora silenzio, tranne nel mio cervello – che insistente mi ripeteva: buttati e osserva quel che succede! -. «Sinceramente penso che la politica sia un affare contorno. Prima delle elezioni si fanno molte promesse, ma sono rare quelle che vengono seriamente concretizzate durante il mandato.» Qui, il capo bicchiere di bianco prende la parola, tentando invano di spiegarmi il perché sia ovvio che vada così: esistono gli imprevisti. Al che, candidamente rispondo: «Non sarebbe meglio promettere meno? Così si avrebbe tempo di realizzare tutto.», non serve nemmeno far presente la mancata risposta del mio interlocutore. Altro giro, altra domanda – tanto per sviare l’argomento iniziato – «Tu che sei giovane, cosa vorresti modificare nel nostro Comune?». Il sorriso accompagnato all’interrogativo stava ad indicare che già erano certi di conoscere la mia risposta: più pub, vita notturna, pizzerie 24h, piste da cross. No! «Io vorrei diminuire il bracconaggio, aumentando controlli e sanzioni.». Unico riscontro ottenuto: una battuta insipida e stupida da parte di uno dei membri.
Così la serata è giunta al termine, io mi sono alzata e sono uscita dalla sala. Non mi hanno più cercata, non hanno chiesto di me, non hanno preso in considerazione la mia ipotetica adesione al partito e non mi hanno nemmeno ascoltata. Perché in politica, si sa, si è utili solamente per far numero.
Sono dell’avviso che la politica non esiste. Esiste la Morale: chi ce l’ha e chi non ce l’ha.
Mary