Bentornati Sperduti,
nel mio ultimo (breve) articolo vi ho accennato ad un anaffettivo cronico per il quale ho impiegato circa un anno del mio tempo, nella speranza che – finalmente – prendesse una decisione riguardo quel “noi due” che sembrava delinearsi tra i contorni delle centinaia di parole fuoriuscite dalle nostre bocche, durante quelle centinaia di discorsi affrontati in centinaia di serate dai profumi differenti.
Se ora sono qui a parlarvene, significa una cosa soltanto: il “noi due” è rimasto diviso in due “io”, senza punto d’incontro.
Prima di sviscerare cause – colpe – ragioni – sentimenti, credo sia giusto fornire delle delucidazioni a riguardo, in modo che (forse) si possa meglio comprendere la mia ostinata e cocciuta speranza di vederlo “mio”.
Il Caso ha voluto che, proprio io e lui, diventassimo vicini di casa quando ancora ero un bambina piccina intenta alle bambole e ai pastelli colorati.
Uno sguardo dalla finestra, ed eccolo: un bellissimo ragazzo dai capelli biondi, lunghi fino alle spalle, con una faccia particolare – di quelle che ti rimangono impresse e che non risultano mai banali -, due occhi talmente verdi che sembrano capaci di riflettere la lucentezza del sole e quell’atteggiamento comune fra molti nati negli anni ’80: un misto fra un hippy di Woodstock e un proletario infiammato dalla lotta ai diritti del lavoratore.
Nemmeno il tempo di arrivare a compierne tredici che già lo fissavo estasiata, nascosta dietro le tende della mia cucina. Non riuscivo a fare a meno di guardarlo, con quella sua camminata un po’ molleggiata e un po’ trascinata.
Più crescevo, più ne ero affascinata.
Tramite ricerche sul campo (che si sa: nei paesi tutti sanno tutto di tutti!) ne ho scoperto il nome, l’età e brandelli di storia … Tra cui un suo grande hobby – nonché secondo lavoro – : la musica! Infatti si tratta di un dj che suona ormai da una ventina d’anni in circa tutti i locali del luogo e zone limitrofe. Ed era proprio in quei bar che andavo, una volta raggiunta l’età dei sedici. Mi sedevo ai tavolini e lo guardavo. Ascoltavo le note uscire dalle sue labbra e i miei occhi si arricchivano con ogni suo movimento, anche il più banale o impercettibile. Ogni tanto – probabilmente accortosi del mio sguardo fisso – si voltava un istante e sorrideva. Dritto rivolto a me. Ed io rossa come un pomodoro di stagione! Sono iniziati poi i saluti, timidi, quando ci incontravamo per la strada o in quella Piazza; che fino a pochi giorni fa chiamavamo “La nostra piazza!”.
Sempre il Destino, verso i miei diciassette, ha optato per farmi conoscere una persona che lavorava nella sua stessa fabbrica. Una persona che, di quando in quando, andavo a trovare in ufficio e, un caldo pomeriggio d’estate, proprio in quell’ufficio – durante una delle mie visite – è arrivato lui, il bel vicino di casa.
Non facciamo nomi. Chiamiamolo Mr. E.
E’ entrato e dalle sue pupille frenetiche si intuiva giusto un pensiero: “Lei qui?!” … Appena se n’è andato – piacevolmente confuso – ne ho approfittato per chiederne, a questo mio strano aggancio, il numero di telefono.
E’ passato un po’ prima che lo contattassi. Ma una sera, incoraggiata dal calore di qualche drink, ho fatto la mia mossa: “Ciao, sono la tua vicina! Sono al ****, ti va di venire?!” Risposta quasi immediata la sua: “Venti minuti e sono lì!”
Quella sera è arrivato il nostro primo bacio … E a me non sembrava nemmeno vero che quel ragazzo dai capelli chiari che guardavo da lontano, ora fosse sulle mie labbra, con le mani sui miei fianchi. Da lì iniziò la nostra prima “prova” … Un paio di mesi trascorsi a condividere praticamente ogni serata: i bar, la musica, il lago di notte. Piano piano imparavamo a conoscerci.
Ma, come è risaputo: a diciassette anni non si brilla per intelligenza! Infatti, scoraggiata dal suo non avermi ancora posto la famosa domanda “Vuoi essere la mia ragazza?” – cosa comune fra i ragazzi adolescenti, ma non fra gli uomini più grandi – ho iniziato a frequentare altre persone. Cosa di cui non gli ho mai fatto mistero, affermando tranquillamente che, se la nostra veniva reputata una semplice amicizia o comunque una relazione non consolidata, ero libera di guardare ancora in mare.
Già … I diciassette anni!
Morale: la mattina seguente al mio diciottesimo, sdraiati sul divano di casa sua.
Io: “Cosa provi per me?”
Mr. E.: “Non mi sento ancora affezionato a te a tal punto … “
Sono succeduti mesi di lacrime, di rancori verso di lui, di tristezze … Da adolescente!
Ero convinta già allora di essermi innamorata di lui. Poi è accaduta una cosa – e anche in questo, il Signor Destino, mi ha concesso un gran regalo! – ho incontrato il ragazzo che, senza ancora saperlo, avrebbe condiviso con me la bellezza di sette anni di cammino.
Questa la premessa che ci riporta al presente in cui, ricordiamolo: quel potenziale “noi due” è rimasto diviso in un “Mr. E.” e in una “Miss M.”.
Avviate le pratiche sentimentali con il mio cuore per la chiusura definitiva di quel passato settenario, il Destino – sempre lui – ha tirato i dadi per la milionesima volta facendomi rincontrare quel bellissimo ragazzo – ormai uomo – dagli occhi troppo verdi, in quella che sarebbe stata chiamata “La nostra piazza”. Parlava al cellulare. Appena mi ha visto ha fatto segno che lo raggiungessi. E ancora non mi sembrava vero. Qualche convenevole – “Come va? Tutto bene?” “Si, tu? Che fai, vai a suonare?” – e ha controllato di avere ancora il mio numero in rubrica.
Il nostro primo appuntamento dopo sette anni: fermi in un parcheggio, nella sua auto, la pioggia nervosa sui vetri, i fulmini … E noi dentro, con la musica calda e le sigarette accese. Due ore a parlare. Probabilmente di nulla. E nessuno dei due si capacitava del fatto che fossimo ancora lì, così. Lui al posto di guida, io accovacciata nel sedile del passeggero. Eravamo tornati. Non si sa in quale modo, il perché … Ma eravamo di nuovo lì!
… Era luglio del 2017, se non ricordo male.
Sono succeduti messaggi, serate, appuntamenti, bevute, canzoni, risate, confessioni e chiacchiere … Mesi e mesi di tutto questo.
Ho sempre trovato che la vita, con lui, brillasse di colori più vivi – anche se non so spiegarmene il motivo. Con lui l’aria è più frizzante e leggera, ed è facile annusare le gradazioni tenue delle stagioni. Ma Mr. E. non parla mai … Però osserva. Infatti ha impiegato sei mesi soltanto per dirmi che mi trova bella, ma il suo sguardo mi ha sempre parlato molto di più! Due occhi che sorridono quando incrociano i miei in mezzo alla gente, che controllano seri gli uomini che mi si avvicinano, che si riempiono d’orgoglio quando raggiungo un obiettivo o quando lascio sbalordite le persone difendendo a testa alta ogni mio valore.
Bello, eccitante … Ma, a poco a poco, la corda andava stringendosi e la voglia di smetterla di trattenere i sentimenti che andavano ingigantendosi, bussava sempre più forte.
E’ capitato una sera, mentre facevamo l’amore, che quelle due parole brevissime ma pesanti di significato, mi uscissero dalle labbra senza che nemmeno me ne rendessi conto: “Ti amo.”. Non aspettavo una risposta; come ho detto: Mr. E non parla mai! Infatti non si è smentito. Però qualcosa nel suo atteggiamento è cambiato. Più dolce, più attento, più preso … Ma sempre ostinatamente anaffettivo. Terrorizzato dall’ipotesi di lasciarsi andare; di lasciarsi amare e di aver qualcuno da amare a sua volta.
A maggio 2018 non ce l’ho fatta più! “Cazzo Mr. E., vogliamo provarci o rimaniamo in stallo per sempre?!” … “Proviamoci!”.
Già, peccato che lui, a fare il fidanzato non sia proprio bravo!
Tra serate, turni in fabbrica, gli amici e l’alcol … Io ero ai suoi occhi ancora più invisibile di prima. Poco tempo e ho deciso di chiudere. Meglio amici che si vedono tanto, piuttosto che fidanzati che non si vedono mai! Ho pensato. Ancora qualche uscita, qualche serata, qualche bicchiere, qualche chiacchiera. Nonostante avessimo optato per una “sana e strana amicizia”, lui sembrava più coinvolto e pure io lo ero, anche se cercavo di mascherarlo. Sono arrivati i discorsi importanti – buttati lì come frasi scherzose fra le nostre centinaia di discorsi, “ … Tu, vestita di bianco …” …
E poi, ancora una volta, il Destino ha rimescolato il mazzo di carte che è la mia vita e mi ha fatto conoscere Mr. R., un ragazzo di scuola (cosa che approfondirò prossimamente!) che se ne è rimasto in disparte fino a quegli ultimi due mesi di lezione … “Mi piace come ridi …”. Già, ed io che lo avevo notato ancora ad ottobre ma che nemmeno avevo provato ad avvicinarlo. Troppo timido – Mr. R.; troppo presi da altro – entrambi; troppo persa in quella fedeltà ostinata per la storia fantasma con Mr. E. – io. Per questa ultima ragione, al suo avvicinamento, ho reagito amichevolmente lasciando intendere che già mi reputavo impegnata … Ma i giorni passano e, se da una parte c’è un uomo incapace di esternare il proprio affetto, dall’altra c’è un ragazzo con cui mi piace davvero molto fermarmi a parlare. Un ragazzo intelligente e senza filtri, che mi guarda e mi sfiora le mani, che mi abbraccia anche in mezzo alla gente e mi solleva in braccio mentre si aspetta tutti in gruppo di entrare a fronteggiare il famoso quizzone di Maturità.
Dopo dieci mesi aggrappata al sottile filo del forse di Mr. E., quella semplicità di esserci di Mr. R. non mi ha lasciata indifferente. Ma, cocciuta a livelli esasperanti, non riuscivo a far passare l’immagine di quegli occhi verdi dal mio cuore … Quindi, caro Mr. R., amicizia! Non ne è stato felice. Ma non posso fingere che l’altro Mr. non occupi già troppo spazio!
Arriviamo dunque a ieri mattina quando il trillo di un messaggio mi sveglia – ultimamente ho il sonno leggero. Sono le sei e sul display brillano quattro messaggi di Mr. E. Stupidamente ne sono felice … Prima di leggerne il contenuto: una carrellata dei peggio insulti, i classici che gli “uomini” (ovviamente tra “ “) dedicano alle donne! Sono seguiti più di una decina di messaggi simili (tutti suoi! Io ero troppo assonnata per connettere la testa alle dita!), con una conclusione della serie: “Non rompermi più i coglioni, testa di cazzo!”. Il movente di tale rabbia incontrollata? A detta del caro ragazzo dai biondi capelli, quella notte Mr. R. pare sia andato a cercarmi nel bar in cui suona lui (cosa non vera! Molto più probabilmente, qualche suo”amico” gli avrà riferito di averci visto assieme – io e l’altro Mr.), mossa che gli ha ben fatto capire che l’ho solamente preso in giro e che questi mesi in cui l’ho aspettato non valgono più di un banale “vaffanculo”!
Non lo sento da quella mattina …
Un’esplosione di cattiveria che mi ha moralmente lasciata confusa e ferita, anche arrabbiata … Perché non pensavo potesse rivolgersi così a me.
Durante questi mesi, ogni persona che incontravamo veniva a dirci che eravamo fatti l’uno per l’altra … Ma cosa possono poi saperne le persone, della reale seconda faccia di una moneta?! Che poi, non si tratta mai di Testa e Croce, ma sempre di Luce e Ombra. E quando la freddezza dell’Ombra supera la lucentezza della Luce, vuol forse dire che quella tra le mani non è altro che una Moneta marcia … E sarebbe bene gettarla via.
Ancora adesso mi viene da riflettere sulla consapevolezza che esistono due tipi di persone: alcune sono un Ponte che collega il nostro passato al nostro avvenire, permettendoci di passare aldilà; altre, semplicemente, sono Casa. Io, Mr. E., ancora non ho capito a quale categoria appartenga.
Fa male stare con lui come fa male rimanere con la sua sola assenza …
Quanto posso sembrare stupida se ammetto che: So che è una gran testa di cazzo, ma che è anche l’unica testa di cazzo di cui sentirò la mancanza?!
Mary