Le due facce di una moneta non sono Testa e Croce, ma Luce e Ombra …

Bentornati Sperduti,

nel mio ultimo (breve) articolo vi ho accennato ad un anaffettivo cronico per il quale ho impiegato circa un anno del mio tempo, nella speranza che – finalmente – prendesse una decisione riguardo quel “noi due” che sembrava delinearsi tra i contorni delle centinaia di parole fuoriuscite dalle nostre bocche, durante quelle centinaia di discorsi affrontati in centinaia di serate dai profumi differenti.

Se ora sono qui a parlarvene, significa una cosa soltanto: il “noi due” è rimasto diviso in due “io”, senza punto d’incontro.

Prima di sviscerare cause – colpe – ragioni – sentimenti, credo sia giusto fornire delle delucidazioni a riguardo, in modo che (forse) si possa meglio comprendere la mia ostinata e cocciuta speranza di vederlo “mio”.

Il Caso ha voluto che, proprio io e lui, diventassimo vicini di casa quando ancora ero un bambina piccina intenta alle bambole e ai pastelli colorati.

Uno sguardo dalla finestra, ed eccolo: un bellissimo ragazzo dai capelli biondi, lunghi fino alle spalle, con una faccia particolare – di quelle che ti rimangono impresse e che non risultano mai banali -, due occhi talmente verdi che sembrano capaci di riflettere la lucentezza del sole e quell’atteggiamento comune fra molti nati negli anni ’80: un misto fra un hippy di Woodstock e un proletario infiammato dalla lotta ai diritti del lavoratore.

Nemmeno il tempo di arrivare a compierne tredici che già lo fissavo estasiata, nascosta dietro le tende della mia cucina. Non riuscivo a fare a meno di guardarlo, con quella sua camminata un po’ molleggiata e un po’ trascinata.

Più crescevo, più ne ero affascinata.

Tramite ricerche sul campo (che si sa: nei paesi tutti sanno tutto di tutti!) ne ho scoperto il nome, l’età e brandelli di storia … Tra cui un suo grande hobby – nonché secondo lavoro – : la musica! Infatti si tratta di un dj che suona ormai da una ventina d’anni in circa tutti i locali del luogo e zone limitrofe. Ed era proprio in quei bar che andavo, una volta raggiunta l’età dei sedici. Mi sedevo ai tavolini e lo guardavo. Ascoltavo le note uscire dalle sue labbra e i miei occhi si arricchivano con ogni suo movimento, anche il più banale o impercettibile. Ogni tanto – probabilmente accortosi del mio sguardo fisso – si voltava un istante e sorrideva. Dritto rivolto a me. Ed io rossa come un pomodoro di stagione! Sono iniziati poi i saluti, timidi, quando ci incontravamo per la strada o in quella Piazza; che fino a pochi giorni fa chiamavamo “La nostra piazza!”.

Sempre il Destino, verso i miei diciassette, ha optato per farmi conoscere una persona che lavorava nella sua stessa fabbrica. Una persona che, di quando in quando, andavo a trovare in ufficio e, un caldo pomeriggio d’estate, proprio in quell’ufficio – durante una delle mie visite – è arrivato lui, il bel vicino di casa.

Non facciamo nomi. Chiamiamolo Mr. E.

E’ entrato e dalle sue pupille frenetiche si intuiva giusto un pensiero: “Lei qui?!” … Appena se n’è andato – piacevolmente confuso – ne ho approfittato per chiederne, a questo mio strano aggancio, il numero di telefono.

E’ passato un po’ prima che lo contattassi. Ma una sera, incoraggiata dal calore di qualche drink, ho fatto la mia mossa: “Ciao, sono la tua vicina! Sono al ****, ti va di venire?!” Risposta quasi immediata la sua: “Venti minuti e sono lì!”

Quella sera è arrivato il nostro primo bacio … E a me non sembrava nemmeno vero che quel ragazzo dai capelli chiari che guardavo da lontano, ora fosse sulle mie labbra, con le mani sui miei fianchi. Da lì iniziò la nostra prima “prova” … Un paio di mesi trascorsi a condividere praticamente ogni serata: i bar, la musica, il lago di notte. Piano piano imparavamo a conoscerci.

Ma, come è risaputo: a diciassette anni non si brilla per intelligenza! Infatti, scoraggiata dal suo non avermi ancora posto la famosa domanda “Vuoi essere la mia ragazza?” – cosa comune fra i ragazzi adolescenti, ma non fra gli uomini più grandi – ho iniziato a frequentare altre persone. Cosa di cui non gli ho mai fatto mistero, affermando tranquillamente che, se la nostra veniva reputata una semplice amicizia o comunque una relazione non consolidata, ero libera di guardare ancora in mare.

Già … I diciassette anni!

Morale: la mattina seguente al mio diciottesimo, sdraiati sul divano di casa sua.

Io: “Cosa provi per me?”

Mr. E.: “Non mi sento ancora affezionato a te a tal punto … “

Sono succeduti mesi di lacrime, di rancori verso di lui, di tristezze … Da adolescente!

Ero convinta già allora di essermi innamorata di lui. Poi è accaduta una cosa – e anche in questo, il Signor Destino, mi ha concesso un gran regalo! – ho incontrato il ragazzo che, senza ancora saperlo, avrebbe condiviso con me la bellezza di sette anni di cammino.

Questa la premessa che ci riporta al presente in cui, ricordiamolo: quel potenziale “noi due” è rimasto diviso in un “Mr. E.” e in una “Miss M.”.

Avviate le pratiche sentimentali con il mio cuore per la chiusura definitiva di quel passato settenario, il Destino – sempre lui – ha tirato i dadi per la milionesima volta facendomi rincontrare quel bellissimo ragazzo – ormai uomo – dagli occhi troppo verdi, in quella che sarebbe stata chiamata “La nostra piazza”. Parlava al cellulare. Appena mi ha visto ha fatto segno che lo raggiungessi. E ancora non mi sembrava vero. Qualche convenevole – “Come va? Tutto bene?” “Si, tu? Che fai, vai a suonare?” – e ha controllato di avere ancora il mio numero in rubrica.

Il nostro primo appuntamento dopo sette anni: fermi in un parcheggio, nella sua auto, la pioggia nervosa sui vetri, i fulmini … E noi dentro, con la musica calda e le sigarette accese. Due ore a parlare. Probabilmente di nulla. E nessuno dei due si capacitava del fatto che fossimo ancora lì, così. Lui al posto di guida, io accovacciata nel sedile del passeggero. Eravamo tornati. Non si sa in quale modo, il perché … Ma eravamo di nuovo lì!

… Era luglio del 2017, se non ricordo male.

Sono succeduti messaggi, serate, appuntamenti, bevute, canzoni, risate, confessioni e chiacchiere … Mesi e mesi di tutto questo.

Ho sempre trovato che la vita, con lui, brillasse di colori più vivi – anche se non so spiegarmene il motivo. Con lui l’aria è più frizzante e leggera, ed è facile annusare le gradazioni tenue delle stagioni. Ma Mr. E. non parla mai … Però osserva. Infatti ha impiegato sei mesi soltanto per dirmi che mi trova bella, ma il suo sguardo mi ha sempre parlato molto di più! Due occhi che sorridono quando incrociano i miei in mezzo alla gente, che controllano seri gli uomini che mi si avvicinano, che si riempiono d’orgoglio quando raggiungo un obiettivo o quando lascio sbalordite le persone difendendo a testa alta ogni mio valore.

Bello, eccitante … Ma, a poco a poco, la corda andava stringendosi e la voglia di smetterla di trattenere i sentimenti che andavano ingigantendosi, bussava sempre più forte.

E’ capitato una sera, mentre facevamo l’amore, che quelle due parole brevissime ma pesanti di significato, mi uscissero dalle labbra senza che nemmeno me ne rendessi conto: “Ti amo.”. Non aspettavo una risposta; come ho detto: Mr. E non parla mai! Infatti non si è smentito. Però qualcosa nel suo atteggiamento è cambiato. Più dolce, più attento, più preso … Ma sempre ostinatamente anaffettivo. Terrorizzato dall’ipotesi di lasciarsi andare; di lasciarsi amare e di aver qualcuno da amare a sua volta.

A maggio 2018 non ce l’ho fatta più! “Cazzo Mr. E., vogliamo provarci o rimaniamo in stallo per sempre?!” … “Proviamoci!”.

Già, peccato che lui, a fare il fidanzato non sia proprio bravo!

Tra serate, turni in fabbrica, gli amici e l’alcol … Io ero ai suoi occhi ancora più invisibile di prima. Poco tempo e ho deciso di chiudere. Meglio amici che si vedono tanto, piuttosto che fidanzati che non si vedono mai! Ho pensato. Ancora qualche uscita, qualche serata, qualche bicchiere, qualche chiacchiera. Nonostante avessimo optato per una “sana e strana amicizia”, lui sembrava più coinvolto e pure io lo ero, anche se cercavo di mascherarlo. Sono arrivati i discorsi importanti – buttati lì come frasi scherzose fra le nostre centinaia di discorsi, “ … Tu, vestita di bianco …” …

E poi, ancora una volta, il Destino ha rimescolato il mazzo di carte che è la mia vita e mi ha fatto conoscere Mr. R., un ragazzo di scuola (cosa che approfondirò prossimamente!) che se ne è rimasto in disparte fino a quegli ultimi due mesi di lezione … “Mi piace come ridi …”. Già, ed io che lo avevo notato ancora ad ottobre ma che nemmeno avevo provato ad avvicinarlo. Troppo timido – Mr. R.; troppo presi da altro – entrambi; troppo persa in quella fedeltà ostinata per la storia fantasma con Mr. E. – io. Per questa ultima ragione, al suo avvicinamento, ho reagito amichevolmente lasciando intendere che già mi reputavo impegnata … Ma i giorni passano e, se da una parte c’è un uomo incapace di esternare il proprio affetto, dall’altra c’è un ragazzo con cui mi piace davvero molto fermarmi a parlare. Un ragazzo intelligente e senza filtri, che mi guarda e mi sfiora le mani, che mi abbraccia anche in mezzo alla gente e mi solleva in braccio mentre si aspetta tutti in gruppo di entrare a fronteggiare il famoso quizzone di Maturità.

Dopo dieci mesi aggrappata al sottile filo del forse di Mr. E., quella semplicità di esserci di Mr. R. non mi ha lasciata indifferente. Ma, cocciuta a livelli esasperanti, non riuscivo a far passare l’immagine di quegli occhi verdi dal mio cuore … Quindi, caro Mr. R., amicizia! Non ne è stato felice. Ma non posso fingere che l’altro Mr. non occupi già troppo spazio!

Arriviamo dunque a ieri mattina quando il trillo di un messaggio mi sveglia – ultimamente ho il sonno leggero. Sono le sei e sul display brillano quattro messaggi di Mr. E. Stupidamente ne sono felice … Prima di leggerne il contenuto: una carrellata dei peggio insulti, i classici che gli “uomini” (ovviamente tra “ “) dedicano alle donne! Sono seguiti più di una decina di messaggi simili (tutti suoi! Io ero troppo assonnata per connettere la testa alle dita!), con una conclusione della serie: “Non rompermi più i coglioni, testa di cazzo!”. Il movente di tale rabbia incontrollata? A detta del caro ragazzo dai biondi capelli, quella notte Mr. R. pare sia andato a cercarmi nel bar in cui suona lui (cosa non vera! Molto più probabilmente, qualche suo”amico” gli avrà riferito di averci visto assieme – io e l’altro Mr.), mossa che gli ha ben fatto capire che l’ho solamente preso in giro e che questi mesi in cui l’ho aspettato non valgono più di un banale “vaffanculo”!

Non lo sento da quella mattina …

Un’esplosione di cattiveria che mi ha moralmente lasciata confusa e ferita, anche arrabbiata … Perché non pensavo potesse rivolgersi così a me.

Durante questi mesi, ogni persona che incontravamo veniva a dirci che eravamo fatti l’uno per l’altra … Ma cosa possono poi saperne le persone, della reale seconda faccia di una moneta?! Che poi, non si tratta mai di Testa e Croce, ma sempre di Luce e Ombra. E quando la freddezza dell’Ombra supera la lucentezza della Luce, vuol forse dire che quella tra le mani non è altro che una Moneta marcia … E sarebbe bene gettarla via.

Ancora adesso mi viene da riflettere sulla consapevolezza che esistono due tipi di persone: alcune sono un Ponte che collega il nostro passato al nostro avvenire, permettendoci di passare aldilà; altre, semplicemente, sono Casa. Io, Mr. E., ancora non ho capito a quale categoria appartenga.

Fa male stare con lui come fa male rimanere con la sua sola assenza …

Quanto posso sembrare stupida se ammetto che: So che è una gran testa di cazzo, ma che è anche l’unica testa di cazzo di cui sentirò la mancanza?!

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Immagine presa da Internet

Mary

Ok, parliamone … Si, ma di cosa?!

Bentornati Sperduti,

eccomi nuovamente qui, dietro lo schermo luminoso del PC, mentre la mia famiglia s’impegna al meglio per conversare ad un livello troppo alto di voce. Un normalissimo pomeriggio domenicale.

Ma una differenza c’è: che sono tornata. Forse non solo sul blog, ma in senso più ampio. Quanti sensi può avere l’affermazione “Sono tornata!”? (Tralasciamo ovviamente il riferimento al film su Mussolini).

Durante questo intero anno ho provato più di una volta a buttare giù questo articolo. Ho cambiato il titolo mille volte, ne ho modificato il contenuto altre cento, l’ho cancellato a stralci e poi completamente. Ci ho riflettuto e ho pensato che no, non era il momento. Ma il momento di cosa? Di condividere con voi  un Ok, Parliamone, perché … Cosa avrei potuto condividere con voi? Sinceramente non molto, probabilmente nulla.

Affrontare una rottura è cosa seria (e certamente lo sapete pure voi). Considerando che, per svariati motivi, ho scelto di riprendere gli studi – ho deciso di affaticarmi dietro ad un’intrigante anaffettivo – ho optato per mollare tutto e poi per ricominciare tutto – per un po’ ho pure deciso di non decidere, cullandomi in balia degli eventi … Beh, appunto, ho provato a scrivervi spesso, va da se che di tempo non ne ho trovato!

A dire il vero, pure adesso mi chiedo: di cosa mai potrei parlare a questi Lettori Sperduti? Quali grandi lezioni ho da condividere?

La verità? Non ne ho la minima idea. Ma una cosa l’ho capita, durante questa faticosa maratona lunga un anno: tutti noi – chi più e chi meno – siamo una parte del casino della nostra stessa vita.

Pirandello parlava di maschere, forme e personaggi … Svevo del dilagante mal di vivere … Loro già avevano capito. Io ancora no. Al momento ancora mi sento ferma, fissa su quella casella del via di un monopoli intricato. O forse, ho perso un turno tra le sbarre della prigione?!

 

Mary

Lasciarsi. E poi?

Bentornati Sperduti.

La mia incapacità di comprensione verso le fasi delle relazioni tra esseri umani mi sconcerta sempre di più. Deliri – deliri e ancora deliri (il primo perché universale lo potete trovare QUI). A questo giro di boa si parla dei postumi: cosa viene dopo la fatidica decisione di lasciarsi? Ovvio: un interminabile istante – travagliato e confuso – in cui qualsiasi tipo di equilibrio esistente collassa su se stesso, rigenerando – da cenere e polvere della distruzione – un’armonia completamente nuova. Al momento il voi siete qui della mia situazione sentimentale indica il bel mezzo di questo caos post titoli di coda.

La si può prendere con filosofia finché si vuole, ma non è certo cosa facile trovarsi ad affrontare tale caotico momento, specialmente se ancora si hanno situazioni da condividere con il proprio ex. Tutto si trasforma rapidamente in un’interminabile programma di giorni alterni – come per le targhe – in cui vedersi o non calcolarsi, con annesse valanghe di sentimenti e oggetti vari da spartire fra le parti e riporre in scatoloni da trasloco; abitudini create faticosamente durante lo scorrere del tempo da modificare e modellare, adattandole al nuovo status; discorsi che è meglio non affrontare e tenerezze che è meglio non dare … Insomma – per quanto riguarda me ed Hugo – mi salta all’occhio un ingombrante paradosso: i due che fino a poco fa immaginavano il matrimonio, saltando atleticamente le tappe sono giunti al prematuro divorzio! Perché di divorzio si tratta, anche senza unione religiosa/civile alle spalle: ogni legame spezzato ricorda un po’ il colore del fallimento e il divorzio ne è sinonimo e sfumatura. Ma cosa vuol dire tutto questo? O meglio: cosa vuol dire lasciarsi? Sicuramente, il dizionario a noi caro, chiuderebbe il discorso di fretta e furia, tenendo a bada la nostra curiosità con una definizione rapida e indolore:

«Lasciarsi: termine di una relazione sentimentale. Abbandonare, allontanarsi da qualcuno.»

Ecco fatto, una spiegazione chiara e concisa. Classico dei vocabolari! Ma se volessimo chiedere a qualcuno fatto di pelle – cuore – muscoli, piuttosto che ad un so tutto io di carta e inchiostro … Cosa vuol dire davvero lasciarsi? Qui si apre una voragine – che più che nella terra o nello stomaco, si spalanca sul cuore. Nemmeno ora che lo sto sperimentando in versione 3D, saprei rispondere. Forse, però, una frase ne racchiude a pieno la potenza: dividere due vite.

Da coppia felice ci si ritrova in un lampo dentro un tornado impazzito – simile a quello che portò la dolce Dorothy nel regno del potente Oz – che getta i due ormai stanchi (ex)innamorati in un altro tipo di regno: privo di sentieri lastricati d’oro … Così, dalla bufera, si genera spontaneamente – esattamente come fosse muffa sulle pareti – l’iter classico da rottura definitiva. Aprono la fila i pesanti scatoloni – di cui ho già accennato – per passare poi la palla al restituire le stupide chiavi, che fino a quel momento valevano qualcosa; cancellare dapprima qualche recente sms di voi due, per poi eliminare in massa ogni cosa sul tuo cellulare che possa riguardarvi; riporre in cassetti le foto appese raffiguranti i best moments; demolire routine – abitudini – tradizioni ormai inutili; ritrovarsi straniti passando solitari nei luoghi che hanno incorniciato il vostro amore. Ora poi, che ci troviamo negli anni della decantata tecnologia, tra le altre – interminabili – cose da svuotare c’è pure il suo computer: eliminare ogni cartella – pagina preferita o immagine che ricordi il nostro passaggio!

Dicono che Quando un amore finisce, uno dei due soffre. Se non soffre nessuno, non è mai iniziato. Se soffrono entrambi, non è mai finito, ma non è forse naturale soffrire smantellando qualcosa che in passato riempiva il cuore? Questa frase aumenta la mia confusione in merito all’argomento … E credo, sinceramente, che non voglia dire nulla! Che sia buttando via una fotografia – un regalo di S. Valentino – un biglietto, oppure vedendo il castello sgretolarsi dalle fondamenta per colpa di quel ci vediamo che sa di addio, almeno una lacrima sgorga sempre – da entrambe le parti -, ma ciò non indica che ancora ci sia dell’amore … Sottolinea semplicemente che c’è stato, ma stato per davvero. Tutto qui.

Ho conosciuto Hugo che, a dirla breve, ero ancora una bambina – diciotto anni – … Non mi ero resa conto del tempo in costante movimento, finché non ho buttato il naso fuori dalla nostra storia e BOOM: ero adulta, cambiata e il Mondo … Certamente era cambiato molto più di me.

Quindi, cosa vuol dire davvero lasciarsi? Forse, come fanno le Fenici, è solo un po’ morire tra le ceneri del passato, per rinascere da zero – becco, piume, forza e cuore nuovi – senza morire mai davvero.

Mary

Muffin integrale o tortino dal cuore di cioccolato?

Bentornati Sperduti.

Da tempo ormai circola un’antica leggenda metropolitana sull’alimentazione delle donne, che ci vuole soddisfatte con cavoli al vapore e gambi di sedano crudi. Nell’immaginario maschile indossiamo aderenti tute da ginnastica e scarpe sportive, imbracciando fucili al dolcificante naturale durante retate in cioccolaterie innocenti. Nemiche mortali degli zuccheri!

Questa storiella tramandata di padre in figlio, genera tutt’oggi una continua satira sulla donna a tavola: “Per me solo un’insalata del giorno, ma tolga le olive – le noci – i pomodori e la feta. Quasi dimenticavo: senza condimento, tranne quattro gocce di limone biologico spremute tre secondi esatti dopo la raccolta. Grazie!” – ed è anche la causa primaria dello sbalordimento maschile di fronte ad una donzella intenta a scofanarsi una terrina di tiramisù. Un esempio lo potrei fare con mio nonno, che spesso e volentieri mi ripete che “mangio come le capre” – ironizzando sul mio essere vegetariana, credendo che non mi nutro d’altro se non d’erba e verdure. Sono sicura che rimarrebbe stupito di fronte a certi piatti decisamente poco light che riesco a divorare in certe sere. Per gli uomini siamo in costante dieta, ragazze!

La verità non potrebbe essere più lontana di così, perché noi non siamo semplicemente delle golose – non ci accontentiamo di questo – : ci trasformiamo proprio in massime esperte del nostro cibo preferito! La semplice differenza che corre tra l’universo femminile e quello maschile è fondamentalmente una: noi evitiamo di ingurgitare qualsiasi cosa ci passi a tiro! E quando veniamo additate a schizzinose o pignole perché impieghiamo troppo tempo nello scegliere un dolcetto in pasticceria, oppure per il semplice motivo che studiamo il menù manco si trattasse dell’enciclopedia treccani, in realtà non stiamo facendo altro che individuare la pietanza più goduriosa fra tutte.

Siamo talmente golose da aver diviso perfino il genere maschile in due ghiotte categorie: muffin integrali e tortini dal cuore di cioccolato.

Nonostante quello che si possa pensare a primo impatto, l’uomo – muffin non ha nulla da invidiare all’ipercalorico rivale. Può sfoggiare diverse tipologie di carattere e fisicità, ma il fattore che lo contraddistingue è la sicurezza – non del tipo “Esatto, piccola! Hai vinto il jackpot con me!“, una cosa più simile a “Certo amore. Vorrei sposarmi anch’io. Lo sogno da quando ero ragazzo!“. E’ estremamente difficile rimanere deluse da questa specialità sentimentale. Si può dire che sia un salvagente per il cuore! Non dimentica mai il vostro compleanno e – cascasse il mondo – si presenta con almeno un piccolo pensierino, di quelli che urlano INTESA a pieno fiato; se un qualcosa di andato storto vi costringe nell’insonnia, l’asciugare i vostri singhiozzi scala la vetta delle sue priorità; è un distributore di complimenti – banali e non – e funge da elio per la vostra autostima, che si ritrova presto a sorvolare i tetti delle case di quartiere; se prendete l’influenza lui è lì, con una tazza di tisana bollente e pacchi su pacchi di fazzolettini di carta; stessa cosa durante il ciclo: ben felice di rendersi utile, non lesina sui vostri bisogni, spendendo un capitale nella marca più comoda di assorbenti – in cioccolatini a vostro piacere – in riviste femminili patinate – praticamente in qualsiasi cosa possa farvi sentire molto, ma molto comfort! Già, un uomo d’oro!

Eppure le utopie sono inconsistenti per natura e questa, mi spiace dirlo, non è certo l’accezione che conferma la regola. Come ho detto, l’uomo – muffin può essere un gradito salvacuore – specialmente se si è appena uscite da una relazione turbolenta e al limite del masochismo – ma una volta che il cuore è guarito, che si fa? Nonostante il muffin sia integrale, la sua dolcezza – molto apprezzabile ai primi bocconi – diventa man mano stucchevole al palato, e si finisce con lo spingere il piattino sul tavolo quanto il più possibile lontano dal nostro posto. Non è questione né di dieta né di pignoleria sentimentale. Sta di fatto che, esattamente come per lo stomaco, pure il cuore e il corpo vogliono quello che, il cuore e il corpo, vogliono! Zero sconti! Si, è vero, noi tutte millantiamo il desiderio di un uomo attento – premuroso – romantico – tenero … Peccato che non sveliamo l’altra faccia della medaglia, e cioè che, dopo averlo trovato e avergli permesso di aggiustare cuore e autostima: ci annoiamo tremendamente!

E’ inutile nascondersi dietro ad un cucchiaino da dessert. Se in amore manca quel brivido eccitato, che dalla bocca dello stomaco arriva fino al cervello impedendoci di ragionare lucidamente, non ha senso! Anche il romanticismo deve avere un briciolo di carattere: stimolante, adrenalinico, focoso, inebriante. Le storielle insipide fanno molto più al caso delle principesse Disney!

Qui, entra in gioco il completo opposto dell’integrale: il goloso, ipercalorico, uomo – tortino. Le relazioni con questo tipo di uomo sono, per lo più, uno sfizio del palato, ma possono anche essere indice di uno spiccato masochismo, se perpetuate. Infatti l’uomo – tortino, non necessariamente opposto all’uomo – muffin nel fisico, sul piano caratteriale è al pari della sua antitesi per eccellenza. Per intenderci: è colui che, anche al vostro compleanno, è capace di farsi attendere, irrimediabilmente convinto che la sua entrata in scena dev’essere per forza ad effetto; quello che propina più buche di un campetto da mini golf, lasciandovi aspettare delle ore sedute al tavolo di un bar completamente sole; il classico esemplare di uomo macho che permette al suo disinteresse – o alla sua incapacità emotiva – di trapelare nei discorsi ironici in cui si immerge appena tentate di approfondire la conoscenza; l’uomo che non richiama dopo un appuntamento – risponde ai messaggi dopo minimo quattro ore dall’invio – non si spreca in Buongiorno e Buona notte inutili. Verrebbe da chiedere: perché perdiamo tempo con questi esemplari? Beh, per lo stesso motivo che ci spinge a divorare un tortino dal cuore fumante di cioccolato: la golosità! Sembrerà un discorso poco razionale – ma probabilmente lo è per davvero – ma delle volte si ha bisogno non tanto di stabilità, ma di quel brivido allo stomaco che nasce dall’essere costantemente sul filo del rasoio. E’ eccitante, divertente, incontrollabile e – esattamente come per il cioccolato – scatena una reazione cerebrale che ci fa sentire vive. In colpa, ma elettrizzate!

Purtroppo, come è chiaro, le storie con gli uomini – tortino non sono fatte per durare; così, dopo il primo boccone – per quanto il desiderio di finire l’intero piatto sia irrefrenabile – è d’obbligo posare la forchetta e ricontrollare il menù, onde evitare un cuore in frantumi e un cuscino inzuppato di lacrime.

Forse esiste una regola popolare che è il femminile de “gli uomini preferiscono le bionde ma sposano le more“, del tipo: le donne assaggiano il tortino al cioccolato ma finiscono il muffin integrale. Sta di fatto che l’equilibrio, come la verità, vive nel mezzo: perché troppo cioccolato finisce sui fianchi, ma la mancanza di sapore non soddisfa l’appetito.

Un tortino integrale al cioccolato, no?!

Mary

Amori e Bambole di pezza

Bentornati Sperduti.

Quando ero bambina, a casa mia vigeva la regola non scritta che se un gioco, a forza di usarlo, ne usciva rovinato o peggio: distrutto! – c’era solamente una cosa da fare: riporre fiducia nell’aggiustatutto di famiglia perché rimediasse al danno. Nessuno spreco inutile! Un qualcosa di guasto ha diritto a una seconda occasione.

Una volta adulta è diventata lampante la mia inclinazione nel perpetuare il mantra d’infanzia nelle relazioni con gli uomini. L’unica differenza sta nel fatto che il factotum familiare non si trova al vertice delle chiamate d’emergenza di questo settore, dunque l’esigenza di arrangiarsi nasce da se. Certo non si può sedere alla tavolata di parenti piagnucolando per l’ultima litigata avvenuta con l’amore di turno! Vi immaginate la scena? – Non posso farcela. Sta diventando intollerabile il suo atteggiamento! – disse lei, tra un singhiozzo disperato e il successivo. – Ma cosa è successo?! -, – Cosa vuoi che sia successo? Lui e i suoi difetti! Sai che non risciacqua mai la doccia dopo averla usata? Ed io a rimediare alle sue mancanze! -. Già si palesa nella mente l’espressione basita dei commensali, che consiglierebbero volentieri, sia a te che al tuo vano malumore, una frequentata meta turistica: Quel Paese. C’è da tenere presente che nessuno sarà mai in grado di concepire problemi e sentimenti di una coppia, se non la coppia stessa; e quello che può sembrare una sciocca lamentela, probabilmente – e per particolari buoni motivi – è per gli innamorati un motivo di stress e nervosismo. Sostenitrice di questa prudenza, col passare del tempo mi è divenuta chiara una verità: l’unico aggiustatutto a cui posso rivolgermi in queste situazioni, sono io! Con l’inconveniente che ora, a rompersi, non sono bamboline di plastica o facsimile dei primi cellulari, ma i sentimenti. E quelli, è davvero possibile aggiustarli sempre? Oppure arriva un momento in cui si osservano gli ingranaggi sparsi per il pavimento e fra se e se si getta la spugna?

Non sono mai stata un’alunna modello, ero la classica ″potrebbe, ma non si applica″ – il che era vero. Nonostante questo ho sempre cercato di trarre anche solo un insegnamento utile dai noiosi discorsi in aula. Magari prestavo attenzione ad un singolo aneddoto di cinque minuti raccontato dal prof, su quarantacinque di lezione; però quel dettaglio lo portavo via con me, lo analizzavo ripetendomelo nella mente e mi adoperavo per scovare il modo di renderlo funzionale nella mia vita. Così ho fatto con le relazioni. Io che di natura sono sinonimo e contrario, ho spesso messo a dura prova il fidanzato di turno con i due ingredienti di un potenziale disastro: spensieratezza ribelle + orgoglio caparbio. – Non è quindi raro che qualcuno mi inviti a soggiornare presso la prestigiosa meta turistica citata sopra. – Se a questo binomio andiamo ad aggiungere il mio pragmatico metodo di studio ispirato da L’Attimo Fuggente – imparare sul campo senza buttare nemmeno una sbirciatina al manuale di istruzioni! – allora ci ritroviamo con una ragazza senza nessun limite, restia ad abbassare la testa perfino davanti ai propri errori e in corsa a 100km orari sulla strada dell’apprendimento sentimentale. Ergo: una notevole sequenza di catastrofi. ″Potrebbe, ma non si applica″! Infatti non ci è voluto molto perché arrivasse la prima, sofferta, rottura amorosa – e la seconda. E’ stato poco dopo quell’esperienza, che ho avvertito lo Specchio delle Romanticherie Infantili frantumarsi nel nulla – o meglio, nella realtà – regalandomi un’ultima visione dei suoi riflessi … Mentre mi cadevano addosso in una doccia gelata di schegge affilate! Ve li ricordate Dawson e Joey Potter, con il loro amore impossibile? → Gelosie e rancori generano l’illusione della fine, in realtà non sono in grado di dividere! ← E la storia nata tra la spumeggiante Rossana e il teppista di quartiere Eric? → Non contano le offese, i soprusi, le ripicche … Perché l’amore riesce comunque a sbocciare. Esattamente come una rosa fra le proprie spine. ← In questo caso l’insegnamento risulta chiaro e conciso: l’amore persiste, senza affievolirsi. E’ sufficiente mostrare il proprio dispiacere per l’errore commesso, senza tralasciare una perfetta imitazione degli occhioni incantevoli del Signor Gatto con gli Stivali (che inteneriscono pure il granito), e tutto viene perdonato dalla parte offesa. Eh no, cari sceneggiatori di serie per teenager, non funziona mica così! Una delle rare volte in cui tento di studiare la teoria, non potete gabbarmi a questa maniera, che poi una ci crede!

Insomma, come ho detto, sono stata lasciata dal mio primo amore – e dal secondo – ma non ho mai davvero capito come avviene. All’inizio basta una parola sdolcinata e a tutto si trova rimedio, anzi, il litigio sembra agire da super collante: i sorrisi si illuminano, le romanticherie si sprecano, i baci si moltiplicano. Insomma, superata la bufera si entra in assetto carini e coccolosi. Poi, all’improvviso, tutto questo perde il proprio potere e ci si ritrova, all’indomani di una lite, completamente stanchi e svuotati. La voglia di parlarsi, il bisogno di vedersi, il desiderio di viversi … Svaniscono non troppo lentamente. Faccio attualmente fatica a concepire l’enigmatico meccanismo che porta un Io a diventare un Noi, figuriamoci il contrario. Un Noi che torna ad essere un singolo Io, dopo essere stato un SOLO Noi … Com’è possibile?!

Ancora non lo concepisco, ma a differenza del momento in cui il mio primo amore si è trasformato nel mio (ex)amore, ora lo comprendo. Le relazioni non sono come la bambolina di pezza che custodiamo dall’infanzia; non possono essere ricucite all’infinito, se no il tessuto si straccia e non ne rimane nulla, tranne che dell’ovatta sparsa sul copriletto in sostituzione ai petali di rosa. Ci sono arrivata utilizzando il mio metodo da scolara: con la pratica. Così, una ragazza abituata ai sedili del carro dei mollati, cambia corsia e prende posto sul carro opposto.

E’ successo con Hugo.

Per sei anni e mezzo abbiamo onorato la segreta parola che gli innamorati si scambiano fra i baci: SOLO Noi. L’ho conosciuto poco prima di compiere diciotto anni, quando lui era appena entrato nei suoi venti, e le abbiamo affrontate tutte da quel giorno. Abbiamo superato perfino i ripensamenti, i dubbi ingombranti di chi ci è a fianco, le colpe e le scuse, le pugnalate alla schiena. In poco ci siamo costretti a capire pure gli adulti … Perché i soldi non crescevano sugli alberi. E così abbiamo litigato pure per quelli, tra le altre cose. Due ragazzi che si incolpano per i nervosismi della vita.

Ci siamo però anche amati davvero, davvero, molto. Così tanto da esserne intimoriti, e una cosa del genere non mi era mai successa. Fra l’intesa immediata e il sentimento strabordante, tutto è piombato nella mia vita così rapidamente da disorientarmi; anche se a me andava bene così: un Amore folle composto di follie d’amore. Forse esiste una correlazione fra i sentimenti perché: tanto amore ci siamo dati, tanto male ci siamo fatti. Ed esattamente come per la sintonia, nemmeno quel dolore assordante mi era ancora capitato di provarlo. Dawson e Joey non ne sarebbero certo fieri … Perché, in quel momento, ho lasciato. Io, che pensavo bastasse ago e filo per ricucire i sentimenti come bambole di pezza, ho scritto la parola fine alla nostra storia d’amore.

Cos’è che cambia arrivati a un certo punto? Cosa ci spinge a dire basta una volta per tutte?

I fidanzati litigano ma poi fanno la pace. Come se non fosse mai passata di lì una tempesta. Io ancora non capisco. Non capisco ne il primo ne il secondo (ex)amore, e non capisco nemmeno me stessa.

Forse si esaurisce semplicemente l’entusiasmo, oppure lo stare assieme diventa una routine troppo noiosa; forse è la vista del peggio dell’altro a farci scappare via. Magari è invece la consapevolezza che l’altro abbia visto il nostro peggio … E questo non lo accettiamo o non ce lo perdoniamo. Può darsi che ci spaventi un qualcosa di stabile che rimanga per sempre, prospettando un futuro per noi troppo uniforme.

Sta di fatto che arriva il momento in cui si guarda oltre i vetri della finestra e, al posto del tepore dentro casa, si inizia a desiderare l’aria fresca dell’esterno. L’ago e il filo allora non servono più … Non per ricucire un amore, questo è certo.

Dunque mi chiedo: l’amore, quello delle follie, ha quindi una scadenza? Svanisce tutto all’improvviso proprio come è iniziato?!

Mary