Quando non si ha altro da fare, si pensa (versione fumetti)

E’ tutto il pomeriggio che rifletto su un qualcosa probabilmente ovvio: chissà quanti segreti sono stati scoperti durante questa quarantena; chissà quante coperture sono saltate. Dico che sia ovvio perché è tendenzialmente facile vivere liberi (di uscire, di incontrare, di tornare, di mascherare). Noi siamo nati sotto la Buona Stella della Libertà e non ci siamo mai realmente posti il problema di come sarebbe cambiata la nostra vita in assenza della sua presenza; abbiamo dunque tarato le nostre abitudini giornaliere sulla consapevolezza che, alla necessità, potevamo ben mentire anche ai più stretti della nostra cerchia (i familiari, per intenderci). Magari abbiamo nascosto un piccolo vizio o uno enorme ed ingombrante; magari abbiamo taciuto una relazione – un progetto – un’esigenza – una parte intera del nostro carattere. Io per prima, non nego. Niente di eccessivo. Ma ho preso l’abitudine in adolescenza di tenere, seppur di poco, separate la vita in famiglia con quella mia personale. Lo facciamo tutti, penso. In quantità e per motivazioni diverse, ma lo facciamo tutti. E, come se non bastasse, tutti giudichiamo chi lo fa.

Mi viene da immaginarmi il povero Batman in quarantena. Certo, il fedele Alfred conosce la duplicità dell’esistenza del signorino Bruce, ma mettiamo il caso che durante la quarantena dovessero ospitare nella sfarzosa magione dei lontani zii impiccioni e pettegoli. Forse per le prime due settimane riuscirebbe a frenare il suo istinto (anche perché – Bruce fortunello – casa sua è alquanto spaziosa) ma di punto in bianco, così dal nulla, gustando una coppa di gelato davanti al televisore con zia Ernesta e zio Camillo inizierebbe a sentire un qualcosa di pesante sullo stomaco: chiamasi oppressione. A quel punto nemmeno la visione di Caduta Libera o di C’è posta per te in pigiamone con i parenti riuscirebbe a sollevargli l’umore.

“Dove te ne vai? Ora dicono cosa ci sta sotto il piede bianco. Per me è il Perde tutto!”

“Ehm … Scendo in cantina a cercare del vino, zia.” balbetterebbe il povero Bruce impacciato. “Vino? Dopo il gelato? Sei davvero strano, figliolo. Camillo va con lui, che tu li conosci bene i vini.” Colpito e affondato, Bruce si ributterebbe sotto la coperta di pile del divano.

Nel frattempo le immagini televisive scorrono e quella fastidiosa pesantezza si inasprisce. Il bisogno, anzi: il desiderio, della liberatoria solitudine della Batcaverna gli brucia dentro come il toscanello di zio Camillo che sta sporcando il prezioso tappeto.

Un lampo di genio – anche se banale -. “Vado al bagno.”

Attraversato il corridoio, il senso di pace apparirebbe così gratificante da farlo sorridere. Ad un passo da lui: la maniglia del salotto. Poco ancora e sarà nella sua caverna solitaria. Un passo e il sorriso si allarga. Un altro passo. Sempre più vicino. Allunga le dita e … “Figliolo! Non sta in fondo al corridoio il bagno? Beh, se ne hai uno anche lì dentro, fammi usare quello. Ho tutto uno sciabordare nello stomaco. Vuoi mica che sono diventato intollerante al latte?”

Le dita si ritraggono, le spalle si incurvano e sotto forma di sospiro esasperato escono solo due parole: “Zio Camillo …”

Mah, chissà a chi è capitato. O se è capitato davvero.

Io ci rifletto su. Su questo e un po’ su (non)tutto.

Questa sera però ho ascoltato il Papa che ha voluto ricordarci quanto questa quarantena (che proprio durante la Quaresima è accaduta) ci potrebbe aiutare ad eliminare il superfluo e riscoprire la nostra Natura.

Probabilmente è così.

Quanto meno è un punto di partenza.

Un saluto a Batman da una fan della Marvel.

Mary

Quando non si ha altro da fare, si pensa

Mi sveglio la mattina e guardo fuori dai vetri della mia finestra. Sono sempre un po’ sporchi, marchiati dai nasini umidi dei miei gatti curiosi, ma il cielo sta in alto e quindi lo vedo nitido comunque. E’ di una bellezza che mi incanta: l’azzurro tenue mescolato al rosa. Ricordo che verso i quindici anni mi svegliavo all’alba d’estate e me ne andavo zitta zitta sul balcone per vedere il primo raggio sorgere. Una volta mio padre mi scoprì e, per un attimo ma solo per un attimo, mi sentii come se avessi fatto qualcosa di sbagliato. Mi accorgo ora che son più grande che questo è un problema che mi accompagna dall’infanzia, quello di sentirmi in errore per il semplice motivo che sono così: io. Ne come mio padre, ne come mia madre. Sono certo un mix di entrambi, ma la parte preponderante è farina del mio sacco. Ma io ho sempre cercato di compiacerli, finendo col bacchettarmi per ogni mia diversità. Cosa dalla quale sto combattendo per guarire, sia chiaro. Infatti ora, mi vedo un casino con delle potenzialità e con una strada, anche se ancora ignoro quale sia. Torno a guardare all’insù, in direzione di quelle nuvole appena accennate e il desiderio di sentire l’odore dell’aria fresca mi soffoca. Spalanco la finestra e inspiro. Continuo ad inspirare, espirando rapidamente per non togliere tempo e spazio al profumo di cui voglio saziarmi. Mi accorgo però che è diverso. L’odore dell’aria mi piace quando mi veste completamente. Quando ci sto in mezzo e me la sento sui vestiti, sui capelli; quando mi sfiora le guance e sembra entrarmi dentro gli occhi. Così da lontano, l’aria ha un altro sapore e non riesco a riempirmene.

Esco in cucina per la mia prima dose di caffeina e già mia madre è pronta con il suo arsenale di parole. “Ne sono morti tot. Secondo me i casi sono molti di più rispetto a ciò che dicono. Lo avevo detto io! Lo avevo detto!”. Senza guardarla tiro un sospiro e ribatto l’unica cosa per me sensata. “Mà, posso bere il caffè prima del resoconto delle miserie?”. Lei se ne va offesa, ma ciò che non sa è che questa pandemia spaventa e preoccupa anche me. Ciò che non capisce è che il suo atteggiamento mi esaspera perché io non sono come lei. Questo, tra noi, credo sia sempre stato il fulcro. A me, di questo virus, fanno male altre cose. L’assenza del contatto fisico, ad esempio. O il pensiero di come sarà il mondo una volta che lo avremmo debellato: diventeremo finalmente più umani oppure rimarremo gli stessi crudeli uomini di sempre? Riusciremo ad entrare in empatia con le sofferenze che infliggiamo agli animali e alla Terra? C’è una possibilità, che dopo tutto questo, prenderemo una strada più giusta? Questo è ciò che continua a rimbalzarmi nella testa e fra una pausa e l’altra, ripenso a quelle birre ghiacciate in un prato montano con lui e mi sale la malinconia. Ma poi dicono che Andrà tutto bene! e così mi torna in mente un Tom Hanks naufrago che, con pazienza, si ripeteva di continuare a respirare perché non si può mai sapere ciò che porterà la marea.

Mary

#Recensione: Se fossi padre

Recensione pubblicata per il mensile Leggere:tutti

Durante l’arco della nostra vita veniamo sottoposti ad un’elevata quantità di stimoli capaci di spingerci a modificare, confermare o ad abbandonare la strada già intrapresa; il più influente è senza dubbio il legame che unisce genitori e figli. Ognuno di noi infatti, consapevolmente o meno, viene condizionato nel suo approccio al mondo dal rapporto con i componenti della propria famiglia, dai loro errori e dalle loro idee che, col tempo, rimangono impresse su di noi come un tatuaggio e che delineano, positivamente o negativamente, una parte di quel che saremo in futuro.

I tredici brevi racconti di Pietro Spirito, raggruppati per la prima volta all’interno di questo volume, mirano ad evidenziare il filo rosso che accomuna e, paradossalmente, divide genitori e prole; con il preciso scopo di far luce sull’importanza di una sana figura paterna per l’ottimale sviluppo della personalità del proprio pargolo.

Durante la lettura ci si imbatte infatti in diverse tipologie di rapporti che passano dal senso di colpa di un padre fedifrago che, dopo aver smarrito il figliolo, si punisce immaginando una sequenza di esagerate tragedie che potrebbero essergli capitate; all’ingombrante bisogno di attenzioni capace di spingere un giovane figlio d’arte a commettere il reato di plagio oppure, in un diverso caso, a trasformarsi in un metodico terrorista per rendere onore a quel ben voluto partigiano che lo ha cresciuto; fino a toccare la ragnatela di menzogne imbastite da un coscienzioso universitario nei confronti di suo padre e che troverà risoluzione solamente nella medesima disperazione di entrambi. Una lettura leggera che comunque regala degni spunti di riflessione per approfondire le conseguenze, talvolta drammatiche, del legame che unisce i padri ai figli; onde evitare un futuro in cui, un vecchio sassolino, scateni un’inarrestabile frana emotiva.

Se fossi padre – Pietro Spirito – Mauro Pagliai Editore – € 9, 00

Mary

#Recensione: Il simbolo

Recensione pubblicata per il mensile Leggere:tutti

Con all’attivo un trentennio di studi dedicati alla storia antica, Damiano Leone ripropone alcuni passaggi dell’affascinante Impero Romano utilizzando come chiave di lettura un’eroe dalla natura atipica.

Ben Hamir – questo il nome del protagonista – accompagna passo-passo il lettore nel labirinto degli eventi racchiusi nelle oltre seicento pagine del romanzo svelando, non solo usanze e giochi di potere di popoli ormai scomparsi, ma ponendo particolare accento sui vizi, le perversioni e le debolezze che ne caratterizzarono la società; si tratta infatti di un protagonista nato dall’unione fra un padre ignoto ed un’avida meretrice che, raggiunta l’età degli otto anni, lo costringe al mondo della prostituzione con lo scopo di incrementare la propria ricchezza.

L’infanzia umiliante e la tirannia della madre spingono Ben Hamir ad abbandonare la terra natia, Gerusalemme, al raggiungimento dell’adolescenza e ad affrontare un viaggio via mare costellato di mete culturalmente ricche ed affascinanti: le coste ateniesi, la confusione cosmopolita romana, le monumentali piramidi egizie.

Nel susseguirsi di curiosi incontri con personaggi appartenenti alle più svariate fasce sociali – servitori, centurioni, politici, gladiatori e filosofi – una particolare amicizia spicca su tutte le altre: quella con l’Imperatore Tiberio. Nasce infatti fra i due un sentimento di forte rispetto e fiducia che spinge Ben Hamir ad utilizzare doti seduttive e conoscenze personali per compiere azioni di spionaggio politico a favore del suo Princeps.

Quello di Damiano Leone è un romanzo che non ha la presunzione di porsi come saggio storico, ma arricchisce inevitabilmente la comprensione del lettore nei riguardi di quel maestoso mondo, ormai così lontano dal moderno vivere, capace ancora di affascinare l’immaginario comune e che, per sempre, rappresenterà una fetta importante delle nostre radici: l’Impero Romano.

Il simbolo – Damiano Leone – GCE Editore – € 23, 00

Mary

#Recensione: Fai bei sogni

“E’ dura rimanere orfani nel Paese dei mammoni”. Lo scrive la penna digitale di Massimo Gramellini – autore che mi suscita inevitabile stima per la realtà dei suoi scritti – nel romanzo edito ormai otto anni fa, intitolato Fai bei sogni. Un augurio tenero e amorevole di una madre verso il proprio figlio: Fai bei sogni, piccolino.

Come ci suggerisce la frase sopra riportata, la questione ruota attorno all’esistenza mutilata di un giovane figlioletto di nove anni rimasto improvvisamente orfano di madre. Il Brutto Male l’ha portata via con se o forse è stata lei a volerlo seguire, stanca di voler bene a quel suo marito un po’ orso di carattere e a quel bambino che le vorticava intorno come un satellite. Il suo personale satellite dalla testa piena di fantasie, riflessioni e riccioli biondi. Una perdita inspiegabile che scatena una carestia femminile nella vita del piccolo: nonna Emma preferisce non far aspettare troppo a lungo il nonno Oltre il Velo e lo segue, Madamìn torna alla sua vita, e a suoi figli, dopo aver prestato le sue cure alla mamma sempre più triste, Madrina è scomparsa dentro una nebbiosa lite con papà orso. L’unica figura femminile sopravvive nell’uomo denominato Mio Zio, l’unico abbastanza sensibile da rievocare nel piccolo orfano un vago ricordo di materno affetto.

Tutti, prima o dopo, perdiamo qualcosa o qualcuno e solitamente si reagisce un po’ tutti allo stesso modo. Rabbia. Ci si arrabbia col mondo, con noi stessi, con la vita o con quel Dio che ci ha voluti punire. Ci arrabbiamo talmente tanto che sigilliamo il cuore in una Fortezza della Solitudine che siamo certi ci proteggerà da tutti gli altri colpi potenzialmente fatali. Perché non essere amati è una sofferenza grande, però non la più grande. La più grande è non essere amati più. Barrichiamo i nostri sentimenti vivendo come viene. Magari finiamo col diventare superficiali oppure freddi, magari ci incattiviamo o forse restiamo semplicemente soli. Solo per non essere feriti più. Tenere tutti alla larga è un buon contraccettivo sentimentale e il piccolo orfano, trasformatosi rapidamente da adolescente a uomo, ormai lo utilizza abilmente.

Dicono però che la vita non avvisa quando si intestardisce con te e allora capita che, all’improvviso, bussi così forte da crepare il ghiaccio della Fortezza. Magari decide di liberarti il cuore da un terrazzo romano, fra intellettuali e simulatori, oppure con l’ausilio di un codino bianco scodinzolante e speranzoso. Di fatto, quando la prima spaccatura intacca l’armatura, il terrore di un’eventuale sofferenza ci paralizza … Salvo ricordarci, poi, lo splendore del calore che si irradia nel cuore quando lo si lascia all’aria aperta e che, un po’ di dolore, è forse un piccolo pedaggio da pagare per restare connessi alla vita. L’unico modo effettivo di vivere.

Un romanzo nitido e semplice. Spennellato da un’ironia buffa e trasparente come lo può essere quella involontaria di una bambino (e proprio in questo, secondo me, risiede anche la bravura di Gramellini). Quando il pennarello si scaricava, papà mi consentiva di usare una biro dell’ufficio, ma appena ci alzavamo per andare a casa pretendeva che la rimettessi a posto. “Non è nostra. Appartiene allo Stato.” Sono cresciuto credendo che lo Stato fosse un produttore di biro. Un percorso attraverso gli occhi di un orfano che, lentamente, forse ricorderà ancora come mantenere fede a quell’augurio di mamma. Fai bei sogni. Anzi, fateli insieme. Insieme valgono di più.

Fare bei Sogni fa bene al Cuore.

 

Fai bei sogni – Massimo Gramellini – Longanesi – € 12, 90

Mary