#Recensione: Il Re Orco

Bentornati Sperduti.

Oggi voglio parlarvi di un libro che è stato in grado di emozionarmi e tenermi sul filo del rasoio quasi fino alla sua conclusione, percependo costantemente la voglia di procedere nella lettura in modo da accertarmi che la protagonista si salvasse dai suoi guai. Voglio presentarvelo con la speranza che possa affascinare anche voi come è riuscito a conquistare me!

Vi presento Matteo Piombo Papucci con il suo: Il Re Orco.

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Prima di continuare, volevo informarvi che ieri mattina è arrivato Flawed di Cecilia Ahern, finalmente! Ed io non vedo l’ora di cimentarmi in questa nuova lettura e di raccontarlo a voi (ovviamente!).


Scheda

  • Titolo originale: –
  • Autore: Matteo Piombo Papucci
  • Casa Editrice: La Caravella Editrice
  • Anno di pubblicazione: 2015
  • Genere: Romanzo – Fantasy
  • Pagine: 274
  • Prezzo di copertina: € 11, 05

Recensione

Una stanza buia e umida sigillata intorno ad Amelia, distesa immobile senza alcuna memoria della propria vita ma col corpo disseminato da profonde ferite sulle quali dei ragni affaccendati intrecciano fitte trame di ragnatele appiccicose. Così il romanzo si presenta alla curiosità del lettore.

Una giovane ragazza, prossima a divenire donna, sarà la voce narrante del faticoso viaggio che si ritroverà costretta ad intraprendere nelle lugubri e agghiaccianti terre del Re Orco. Spronata unicamente dall’inarrestabile impulso di fuggire alla cattiveria che da sempre pare rincorrerla, camminerà solitaria dentro le sue più grandi paure, incontrando di tanto in tanto personaggi singolari che – con giusti o loschi presupposti – tenteranno di deviare il suo percorso. Il tutto racchiuso in una cornice di paesaggi dal sapore fantasy – variopinti e tetri – nei quali Amelia darà inizio alla sua personale rivincita, mutando irrevocabilmente la sua condizione – da vittima a guerriera. Un cambiamento che la renderà pronta ad affrontare i ricordi cancellati e il dolore celato dietro di essi, riportando così alla luce le verità del suo passato e le immagini raccapriccianti di quella che, inizialmente, non era altro che un’innocente esistenza di un’innocente bambina. Sarà così che scoprirà la vera identità di quel Re Orco che, brutalmente, l’ha avvelenata con la sua insana bramosia.

Un romanzo fantasy assolutamente singolare, composto da un perfetto intreccio di due trame parallele in cui vengono racchiuse immaginazione e crudele realtà. Un fattore capace di obbligare il lettore a fissare dietro il pesante sipario, posizionato con cura per nascondere al mondo la perfidia che, silenziosa, si espande dentro i cuori imputriditi di tutti gli orchi del mondo.

Considerazioni personali

L’aspetto più sorprendente del romanzo è il suo presentarsi come un enorme specchietto per le allodole: nulla è mai ciò che sembra e ogni dettaglio è in grado di sconvolgere il lettore. In questo modo ci si sente costantemente destabilizzati, incapaci di formulare anche piccole previsioni sulla storia. Diventa facile, a questo punto, vivere in prima persona il totale smarrimento della protagonista. Una Sottigliezza accuratamente strutturata dall’autore che agevola notevolmente la nascita di una forte empatia nei confronti di Amelia.

Voto: 9/10

Mary

Pensieri e Peccati

Delle volte mi capita ti soffermarmi su questioni comuni e rimanerci concentrata fino ad averle completamente destrutturate, imbarcandomi a caccia di nuove interpretazioni, lontane da quelle a cui siamo abituati.

Poco tempo fa, chiacchierando (com’è solito) alla finestra con Hugo, la mia attenzione è stata attratta dall’idea collettiva dei sette peccati capitali e ho cominciato a pormi delle domande, cercando un riscontro nei reali vizi delle persone.

Per cominciare, è d’obbligo elencare e definire, in base al comun pensiero, i peccati biblici dai quali sarebbe meglio non lasciarsi macchiare.

Accidia: identificabile con l’inerzia, la pigrizia, la svogliatezza nel vivere. Spesso confusa con l’acidità espressa da una persona scontrosa.

Invidia: il termine è parecchio intuitivo e comprende ogni sorta di malessere provato da un individuo per le fortune altrui.

Lussuria: meglio conosciuta come piacere e godimento del sesso atto al divertimento e non limitato alla procreazione.

Ira: atteggiamento violento e rissoso attuato da una persona in una determinata situazione.

Gola: l’ingordigia, l’abuso esagerato dei piaceri culinari.

Avarizia: la nota taccagneria che spinge un singolo a non apprezzare ciò che possiede ma a ricercare ostinatamente ben più ricchi averi, obbligandolo nell’insoddisfazione.

Superbia: convinzione sfrenata di godere di uno status di superiorità rispetto agli altri, che spesso sfocia in disprezzo.

Ora che, bene o male, le definizioni come tutti le conosciamo sono state elencate, vorrei passare alla mia interpretazione basata, non su studi teologici o scientifici, ma unicamente sull’osservazione del mondo circostante.

Non di tutti i peccati posso fornire una seconda lettura però mi impegnerò ad esprimere le mie opinioni sui restanti, con umiltà e chiarezza.

Invidia e Avarizia: alcune persone inscatolano le proprie invidie, terrorizzate dall’idea di cedere al peccato mortale, ma se la gelosia fosse da attribuirsi a pensieri effimeri, del tipo: “Guarda tu che bella macchina si è preso quello!! Piacerebbe pure a me potermela permettere!” oppure “Sta stronza si fa le vacanze a Miami e io me ne resto a casa!”, dubito che meriterebbe una classificazione nei peggiori peccati. Eppure, spesso le persone schiacciano al limite del possibile queste piccole e innocue rivalità, lasciandole macerare fino alla completa trasformazione in reale e pericoloso risentimento. Personalmente penso che la lettura sia da estendere a situazioni ben più pesanti … Non è forse peccato l’andare a muovere guerra contro uno Stato o ad un popolo per impadronirsi di un qualcosa che possiedono?! Un esempio storico pienamente inerente lo si può trovare nell’ingiustificato genocidio dei nativi americani. Gli europei dei tempi, non vennero forse mossi da Invidia e Avarizia nello sterminio di quei popoli, con l’arrogante scopo di rubarne le terre?!

Lussuria: non sia mai che il sesso risulti piacevole e che venga praticato in assenza del fine ultimo della procreazione, è stato insegnato! A rigor di logica, chiunque si diverta con manette, corde, fruste o anche semplicemente con della panna montata, può rassegnarsi ad un’esistenza da peccatore! A parer mio, sono troppe le seghe mentali riguardanti questo argomento: sadomaso, feticismo, sex toys, linee erotiche non sono altro che un gioco praticato da individui consenzienti, di conseguenza non reca danno! Ciò che realmente genera un oltraggio, ed è anche l’unica cosa su cui questa categoria punta il dito (secondo me), è lo stupro! … Perchè non esiste peccato nel sesso, tranne uno: l’abuso!

Superbia: di questa il Mondo ne è sommerso! L’uomo, inteso come specie, persevera in questo vizio dagli albori della sua esistenza. L’uomo comanda, l’uomo inventa, l’uomo possiede l’intelligenza, l’uomo decide. La nostra intera storia è fondata sulla meschina Superbia di questo essere (che siamo tutti noi), convinto all’estremo di possedere un diritto ultraterreno che lo conferisce padrone indiscusso della Terra e delle sue Creature.

Gola: “Ho già mangiato due fette di torta, se mi abbuffo pecco di Gola!” … Eh già, perchè è questa la perversione! Non sarà, forse eh, la malata convinzione di potere, o meglio DOVERE, uccidere migliaia di vite ogni giorno per un petto di pollo fumante nel piatto?! Questa non è Gola?! Potrebbe non centrare nulla … Ma vedo più peccato straripare dal comune pensiero che l’animale sia cibo, che non da un’abbuffata di zuccheri raffinati!

Considerazione fuori contesto:

Esattamente come per il mito dell’Arca di Noè, la cui chiave di lettura, ci è stato insegnato fin da bambini, risiede nel giusto timore di noi uomini dinanzi alla potente collera del nostro Creatore.

Dal canto mio, credo esista una seconda chiave, in grado di spalancare quella porta cigolante sul retro della morale di questa storia: considerando la convinzione generale che ci spinge a identificarci come gli unici favoriti di Dio … Perchè, quindi, sull’Arca venne salvata una coppia per ogni specie animale mentre, tra le razze degli uomini, ad una sola fu concesso il permesso di salpare?! …

 

!Bacio!

Stella_Marina

#Recensione: Lettere a un Amore Perduto

Bentornati Sperduti.

In questo uggioso pomeriggio domenicale, voglio raccontarvi del romanzo che ha ispirato il nome di questo blog e che mi ha lasciata completamente invaghita sia delle sue vicende che dei suoi personaggi. L’ho letto tempo fa, quindi posso permettermi di condividere una recensione flash … Non ricordandomi il tutto, ma l’essenziale per continuare ad esserne innamorata.

Spero che qualcuno di voi deciderà di curiosare almeno un pochino dentro le pagine di questo romanzo agrodolce, perché, ve lo dico: che siate romantici o meno, ne varrà la pena!

Vi presento Iona Grey con il suo: Lettere a un amore perduto.

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Scheda

  • Titolo originale: Letters to the Lost
  • Autore: Iona Grey
  • Casa Editrice: Giunti Editore
  • Anno di pubblicazione: 2015
  • Genere: Narrativa storica – Rosa
  • Pagine: 512
  • Prezzo di copertina: € 14, 00

Recensione

Opera d’esordio della scrittrice inglese Iona Grey, Lettere a un amore perduto si presenta al pubblico come uno spartiacque situato all’interno della pesante coltre del tempo che separa i diversi protagonisti, obbligandoli da subito alla solitudine di sbagli e dolori.

Nel costante alternarsi di passato e presente, si intersecano le storie di Stella, giovane moglie di un arido vicario in un’Inghilterra pronta ad entrare in guerra, e della coraggiosa Jess, fuggiasca in una Londra contemporanea dalle violenze di un uomo sbagliato. Due vite che entreranno in collisione grazie ad una semplice lettera abbandonata su un vecchio tavolo: rivolta all’attenzione della Sig.ra S. Thorne, la busta attende di svelare il suo contenuto PERSONALE e URGENTE, scritto e inviato da un misterioso uomo di nome Dan. Una lettera che, dopo essere stata aperta non può essere ignorata, e che porterà ad altre centinaia di lettere ricolme di grandi speranze, forti delusioni e di un amore talmente smisurato da bruciare incessante in una linea diretta fra passato e presente. Questa la miccia che, esplodendo silenziosa, riporterà alla luce tutte le dinamiche di vite distanti – nel tempo, nelle consuetudini, nelle situazioni – ma non così tanto differenti. Dalle parole ingiallite ed impolverate, Jess entrerà in intimità con i desideri, le paure e i pensieri di Stella, arrivando a scoprire la moltitudine di segreti che una vita può racchiudere e che un sorriso può nascondere: abusi, solitudine e un amore adultero nato in mezzo alle macerie.

Odio e Amore – Matrimonio e Tradimento.

Da una parte sta il rabbioso vicario del quartiere, tiranno e distante. Dall’altra, risplendono gli occhi di un giovane soldato americano e riecheggia la sua promessa di devozione e fedeltà. La scelta potrebbe apparire scontata, ma alcune strade della vita prendono giri più larghi, forse troppo … E non è difficile, in questi casi, perdere il Nord e scordare la meta.

Una cosa c’è però da dire: che un sentimento sbocciato nelle quiete macerie di una chiesa bombardata, non può che resistere anche alle tumultuose macerie della vita.

Considerazioni personali

Lo stile fluido di scrittura permette da subito una forte empatia con i personaggi, che vengono descritti in maniera genuina e fresca. Stessa cosa vale per le ambientazioni, specialmente quelle dell’Inghilterra anni ’40 che sembrano vivere dietro veli dai colori pastello, rendendo quasi naturale il percepirne profumi e sensazioni raccontati dalle pagine in scorrimento. Il tutto dona all’intero romanzo una sfumatura di realismo che inebria il lettore anche una volta richiuso il libro.

Una storia capace di farmi perdutamente innamorare fin dalle righe d’esordio e che porto nel cuore tutt’oggi come il racconto d’amore per eccellenza che abbia mai letto. Grazie soprattutto al forte ascendente antico che trasporta in questi giorni moderni il fascino dell’ormai smarrita galanteria.

Voto: 10/10

Mary

Cinque cortissime giornate.

Tornata sui banchi per la durata di cinque cortissime giornate.

Dopo sei anni lontana da insegnanti, appunti, pause caffè (e sigaretta) e da volti nuovi di compagni sconosciuti, sono da poco ritornata in un’aula con una piccola differenza: Hugo!

Non ci siamo mai trovati a scuola, nonostante frequentassimo lo stesso istituto, e averlo come vicino di sedia devo dire che si è rivelato parecchio divertente e in un certo senso rassicurante. Un’esperienza che desideravo ardentemente provare almeno una volta con lui: la pausa pranzo, la corsa verso il bar all’angolo per un caffè espresso (di nome e di fatto), gli appunti condivisi e il controllare reciprocamente le risposte dei nostri test.

Ovviamente si trattava di un corso di formazione atto a comunicare a noi poveri disoccupati e inoccupati la rapida evoluzione nell’ambito della sconsolante ricerca di un lavoro.

A ventiquattro anni credevo che mi sarei trovata diversa in un contesto simile, pensavo di aver perso quella mia parte e questa mia convinzione mi lasciava parecchio malinconica.

Ma la verità è che appena mi sono seduta su quelle fredde sedie ricavate da una lastra di plastica scomoda, ho ritrovato la Stella di diciassette – diciotto anni, gli anonimi volti degli altri come me si sono subito trasformati in ricordi tangibili di un’epoca lontana riportando alla luce le voci, i modi, le espressioni, i difetti e i pregi dei cari vecchi compagni di classe, prima di oggi sbiaditi nell’avanzare dei miei passi.

Come essere passata da una foto (statica, silenziosa, impolverata) ad un filmato in HD dove tutto si muoveva e riprendeva vita nella mia incredulità!

Una piccola, nuova esperienza che ancora mi ha riavvicinato a me.

 

!Bacio!

Stella_Marina

 

Autunno (parte 1)

Le foglie della vecchia quercia rannicchiata nell’ombroso angolo del giardino cominciavano a cadere, assecondando il ritmo delle sferzate fredde del nuovo vento.

Era ormai giunto l’autunno che, congedato il sole infuocato di Agosto, portava con se il ricordo dei doveri rimasti a sonnecchiare durante i mesi estivi.

Erano le sei e trenta di una mattina uggiosa e Flavia, sorseggiando il suo solito caffè bollente alla nocciola, osservava il cielo dalla finestra appannata della cucina, avversa all’idea di dover abbandonare il rassicurante calore del caminetto acceso per tuffarsi di faccia fra quelle violente raffiche gelide.

Persa e immersa nei propri pensieri, trovò il valido motivo per uscire in strada e recarsi alla stazione.

 …

Il treno, come ogni mattina, non sarebbe partito prima delle sette e dieci. Si andò a sedere su una panchina di ferro battuto che rendeva più penetrante la frescura autunnale e fece scattare il suo zippo preferito, pronta per gustarsi il sapore della prima sigaretta di giornata. Nel frattempo i pendolari come lei, iniziarono a riversarsi nei pressi delle rotaie, ansiosi di giungere a meta nel più breve tempo possibile.

Flavia li osservava in silenzio. Nelle orecchie le rimbombava la calda voce del suo cantante preferito. Guardò l’orologio colpita allo stomaco dallo sfarfallio dell’agitazione. Fissò l’entrata e, in perfetto orario, dalla folla si fece strada lui. Il suo valido motivo per uscire di casa.

Senza rendersene conto si mise a sussurrare la canzone che filtrava dal suo iPod, non distogliendo lo sguardo. 

“Chi ti difenderà
dal buio della notte,
da questa vita che non dà
quel che promette.
T’innamorerai lo so
certo non di me …”

Ogni giorno, alle sei e cinquanta in punto, lui varcava la soglia della stazione e andava a sedersi in disparte accendendosi una sigaretta, proprio come lei.

Lo guardava da così tanto. Anni interi passati con le farfalle a danzarle nel cuore, impazzite quanto lei, nella speranza di incontrarlo, di trovare il coraggio per parlargli o semplicemente per sorridergli e quell’amore silenzioso nel frattempo si espandeva senza criterio all’interno del suo petto, facendole desiderare di vedere quella bocca mai assaggiata dipingersi a sorriso per lei, di godere fino in fondo ai polmoni del respiro di quell’uomo, troppo lontano e distratto dalla vita per accorgersi di una ragazza come tante altre, seduta su una fredda panchina in attesa del treno.

Un desiderio che iniziava a bruciare e quel bruciare la annientava perché non era il fastidio di un fuoco freddo bensì l’ustione di un incendio ruggente.

Andava ancora a scuola quando lo vide per la prima volta: l’aspetto rude, le spalle forti, le mani grandi, la barba quasi sempre incolta e la camicia di flanella buttata su jeans scuri e sporchi di lavoro, ma due occhi grigi estremamente profondi, come addestrati nel celare la saggezza aldilà delle apparenze.

Era più grande di lei, molto più grande, ma per una strana sensazione che non riusciva a spiegarsi, era certa che esistesse un legame silenzioso fra loro. Lo capiva ad ogni sguardo affidato al vento, nell’oblio della confusione di arrivi e partenze, in cui lui sembrava fissarla dritto nelle pupille lucenti.

Si guardò le dita lievemente macchiate di nicotina, con l’ansia che la nauseava, e decise che non avrebbe trascorso un’altra mattinata a guardarlo in quel modo. Da lontano.

Si alzò e prese a camminare verso di lui. Il cuore nella gola, stritolato dall’eccessiva deglutizione. Lo vide destarsi dai propri pensieri e guardarla incuriosito. Avrebbe voluto fermarsi ma le gambe non le comandava più e, in pochi minuti, la portarono di fronte alla panchina dov’era seduto lui.

“Sergio.” Si presentò, lasciandola sbigottita e confusa, con gli occhi fissi a terra nel tentativo di uccidere il rossore sulle guance. Poi, dalla tasca, estrasse un pacchetto.

“Vuoi?”. Flavia prese coraggio e lo guardò dritto negli occhi. Ricolma di una gioia inespressa afferrò delicatamente la sigaretta e si sedette accanto a lui. Le spalle tese, pronte nel captare il più piccolo contatto con il suo corpo.

Il treno arrivò e portò via con sé i pendolari frettolosi, ma Sergio e Flavia rimasero immobili nel loro innocente idillio, col sorriso di chi già ha guadagnato il premio di un’estenuante maratona.

Noncuranti della realtà.

Felicemente ignari di un mondo al di fuori delle le loro dita, ormai serrate nella voglia di non vedersi più andar via.

 

Mary

 

Gli anni magnifici … Dello scrocco!

Prima stavo fumando con Hugo alla finestra e, fra un tiro e l’altro, siamo sconfinati nei ricordi dei miei diciotto anni, quando l’idea del sabato sera era devastazione pura (cosa che non è cambiata negli anni) e quando le uscite non potevano considerarsi terminate finché non si aveva assaggiato la carnosità di una lingua nuova.

Mi è venuto da sorridere nel pensare a come vedevo i ragazzi all’epoca: camerieri senza volto protesi nell’offrirmi vassoi ricolmi di bicchierini sfiziosi.

Per una ragazza è così! Il drink in “omaggio” è assicurato anche se semplicemente ti fermi a fare due tiri di sigaretta con uno.

Da diciottenne, questa cosa mi è stata chiara fin da subito e infatti solo un paio di volte mi è capitato di dover mettere mano alla borsa …

I magnifici anni dello scrocco offerto!

Purtroppo sono lontana dal palcoscenico da un po’ e delle volte mi chiedo “ne sarei ancora capace?” … Di destreggiarmi fra gli ammiccamenti e sincronizzare un sensuale spostamento di capelli con lo sguardo provocante?!

Quest’estate ho adocchiato due ragazzi niente male (ed è stata la prima volta, da quando io e Hugo ci siamo lasciati … ), che devo dire mi hanno dato da immaginare … E’ stato solo il primo passo per rimettere in moto il treno e anche se non mi sono spinta oltre, percepisco che il divario si è dimezzato … Fra Me e quella Stella Marina che da un po’ viveva solo nel passato dei miei ricordi più sfrenati, ridicoli e divertenti!

 

!Bacio!

Stella_Marina